Crisi economica e sociale, analisi e proposte per il rilancio del territorio

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Come da consuetudine, anche quest’anno Cgil, Cisl, Uil di Cagliari si presentano unite alla tradizionale conferenza stampa di fine e inizio anno.

E’ una tradizione che intendiamo mantenere, convinti che, a fronte di una situazione socio economica allarmante, l’unità sindacale possa essere un valore  in più per venire incontro alle esigenze, spesso drammatiche, di lavoratori, pensionati, disoccupati e precari.

La crisi del territorio.

Storicamente considerato un territorio ricco, in particolare se confrontato con altri territori della Sardegna, purtroppo, anche il Cagliaritano sta mostrando tutte le sue fragilità economiche, il malessere diffuso e l’accentuarsi di nuove povertà ne condizionano lo sviluppo.

 

La crisi dell’edilizia è sicuramente il settore che ha registrato il maggior numero di perdita di addetti, in sintonia con  la crisi nazionale, dove si registra un vero collasso.

Il Pil provinciale ha perso 8 punti negli ultimi anni, la disoccupazione è al 15.5 per cento (dato Istat 2012). Delle 15.463 domande di mobilità in deroga del 2013, 5.744 arrivano dalla provincia di Cagliari. Per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga, a fronte di 12.763 pratiche regionali, 4.973 sono state aperte da 793 imprese della provincia. Oltre a questo, c’è una crescita esponenziale della precarietà: secondo il Centro servizi per il lavoro, i contratti di lavoro avviati sono, per l’80 per cento, atipici o comunque a termine.

La crisi ha toccato anche le aree industriali di Sarroch e Macchiareddu, dove si registra ormai da diversi anni una diminuzione di lavoratori impegnati nelle imprese di appalto, anche di quelle storiche, nonché del subappalto. Nel 2013 in Italia sono state chiuse 4 raffinerie, due delle quali non riapriranno, e osservatori economici del settore prospettano che delle 12 raffinerie presenti, forse se ne salveranno solo quattro. Qui si gioca la vera sfida di difesa e rilancio del nostro settore industriale.

Attraverso dei protocolli d’intesa abbiamo cercato di arginare il fenomeno del massimo ribasso negli appalti, ma riscontriamo purtroppo la prassi costante di abbattere i costi, che si scarica soprattutto sui lavoratori.

Insieme alla (ex) Provincia e alla Confindustria, abbiamo siglato un protocollo d’intesa per rendere efficaci le politiche attive del lavoro, formando i lavoratori e ricollocando quelli fuori dai processi produttivi. Purtroppo, allo stato attuale, considerata anche la crisi del settore, non arrivano i risultati attesi.

 

Rapporti con le istituzioni e area vasta.

Il sindacato rivendica unitariamente un dialogo più proficuo, non solo con l’amministrazione cittadina, con la quale è stato avviato un primo confronto interessante sul Piano triennale delle opere Pubbliche, ma anche con altre istituzioni considerate determinanti per lo sviluppo. Il riferimento va all’Università di Cagliari, che i sindacati invitano a un confronto sul legame tra lavoro, istruzione, ricerca e innovazione.

Alle amministrazioni di tutta la provincia Cgil, Cisl e Uil chiedono di aprire il dialogo con le parti sociali ma anche fra di loro, soprattutto in previsione della riforma degli enti locali che li renderà protagonisti. Il commissariamento della Provincia e il grave ritardo della Regione nella riforma, creano un vuoto di interlocutori pubblici titolari di funzioni indispensabili a programmare lo sviluppo del territorio. Nel frattempo è bene iniziare ad attrezzarsi. A questo proposito, Cgil Cisl e Uil sollecitano la definizione di una vasta area metropolitana, dentro la quale i Comuni potranno lavorare insieme ed essere protagonisti nella gestione dei servizi e negli stessi indirizzi di sviluppo e programmazione. Secondo il sindacato è una scelta da perseguire subito, anche nell’attesa di un processo formale che va comunque attivato ma che non esclude l’apertura di una discussione preventiva su come dovrà strutturarsi l’area metropolitana.

 

Cgil, Cisl, Uil di Cagliari, hanno sempre sostenuto con forza che i problemi dell’area vasta di Cagliari si devono risolvere con un’azione sinergica delle amministrazioni comunali e delle altre istituzioni politiche e sociali.

Il forum dei sindaci dell’area vasta, che ogni tanto si riunisce per affrontare alcune tematiche importanti, tra le quali il piano strategico intercomunale, non può essere la sola sede di confronto.

A fronte di una situazione assai poco confortante sui grandi temi, le organizzazioni sindacali hanno più volte invitato l’amministrazione provinciale, chiaramente prima del commissariamento, ad aprire un confronto con le parti sociali, per individuare percorsi condivisi in grado di programmare forme di rilancio del tessuto economico del territorio, sfruttando soprattutto i finanziamenti Europei. La spesa dei fondi europei non ha dato i risultati sperati. Troppi vincoli e troppi ritardi non favoriscono sviluppo e occupazione e ora si va ad una programmazione dei fondi europei negli anni 2014 – 2020. L’auspicio è che il territorio sappia cogliere questa nuova opportunità. Salvo alcuni tavoli assessoriali, che si  sono dimostrati attenti e propositivi, vedi politiche sociali e lavoro, non si è riusciti a realizzare l’idea tanto cara al sindacato di costruire  tavoli di partenariato sociale con la collaborazione e il coordinamento delle parti pubbliche.

 

L’area vasta è un agglomerato di oltre 450 mila persone, caratterizzato da una forte urbanizzazione con troppi problemi da risolvere: dal traffico sulla pendolarità (entrano a Cagliari ogni giorno oltre 400 mila persone e mezzi)  ai servizi sociali, dalla scuola alla sanità, dall’ambiente al trattamento dei rifiuti sino alla politica residenziale e al turismo. La valorizzazione delle zone umide ai fini produttivi e turistici ha la necessità di una regia che non può che essere metropolitana. E sul piano sociale, la logica dei Plus (piani locali unitari socio sanitari) è quella di mettere insieme i Comuni e le Asl per dare migliori risposte al territorio.

 

La città di Cagliari.

La città di Cagliari possiede numerose strutture da valorizzare, dalla facoltà di ingegneria al carcere di Buoncammino che presto verrà dismesso, dall’orto botanico all’anfiteatro, sino all’ospedale civile e alle cliniche Aresu e Macciotta: Cgil, Cisl e Uil chiedono che i progetti di valorizzazione siano definiti attraverso un concorso di idee, anche in relazione alla candidatura di Cagliari a Capitale Europea della Cultura, un’iniziativa sottoscritta anche da Cgil, Cisl e Uil.

I sindacati chiedono inoltre di accelerare l’avvio delle opere previste dal Piano triennale (340 milioni), sul quale si è aperto il confronto con il sindaco. Si tratta di un’ opportunità straordinaria per creare nuova occupazione, anche reinserendo i lavoratori che attualmente usufruiscono di ammortizzatori sociali. Cgil, Cisl, Uil di Cagliari ritengono che si debba arrivare al più presto ad un protocollo di intesa per la gestione di una quantità di lavori, che se attivati, e noi speriamo di sì, potrebbero trasformare la città di Cagliari in un cantiere aperto.

Fra le richieste, dare priorità agli interventi di edilizia scolastica (previsti nel Piano), vista la situazione in cui si trovano le nostre scuole.

Oltre a questo Cgil, Cisl e Uil sollecitano un impegno sul fronte dell’edilizia popolare: è nota la posizione dell’amministrazione comunale di non aumentare le cubature esistenti ma ci piacerebbe un intervento cospicuo sulla ristrutturazione del patrimonio esistente destinato ad usi popolari, soprattutto per garantire una casa alle numerose famiglie in difficoltà e alle giovani coppie costrette ad allontanarsi dalla città.

Altro tema su cui intervenire è il recupero delle periferie attraverso nuove politiche di arredo urbano e delocalizzazione dei servizi.

E ancora, sul fronte del patrimonio immobiliare, i sindacati chiedono di vagliare l’ipotesi di acquisto di numerose costruzioni rimaste invendute. Edifici vuoti abbandonati all’usura che non giovano né all’aspetto della città, né alle tasche degli stessi imprenditori o proprietari che non riescono a vendere.

Andrà anche affrontato il problema della casa e del fondo di sostegno per gli affitti  e delle locazioni agli studenti con la logica dei canoni concordati.

Resta ancora al palo, a Cagliari come nell’intero territorio provinciale, il settore turistico, la cui situazione appare immutata nel corso degli anni, con marcate differenze nell’offerta di servizi e una  progressiva perdita di competitività.

Secondo Cgil Cisl e Uil, occorre puntare sulla valorizzazione del Parco di Molentargius e del lungomare, dal Poetto a Giorgino, passando per l’area intorno a Cala Mosca dove è indispensabile recuperare rendere fruibile l’ex patrimonio militare. Ridisegnare la città partendo dai beni ambientali come le l’area delle Saline e dal lungomare, significherebbe aprire la città al turismo, un settore da potenziare e sviluppare dentro un progetto integrato, che passa per la valorizzazione dei beni culturali e il rilancio delle attività commerciali e le produzioni locali, così come per il trasporto pubblico. Il sistema aeroportuale e portuale (con particolare attenzione per l’attività crocieristica) può essere valorizzato mettendo in rete la città di Cagliari e il resto del territorio provinciale, migliorando la viabilità (ad esempio con la realizzazione della 195) e potenziando il trasporto pubblico extraurbano.

 

Nell’ambito del rilancio delle attività economiche, va detto che la centralità del sistema portuale e aeroportuale, non può non avere a monte, scelte di rafforzamento delle infrastrutture. Bisogna quindi raccordare il porto con la dorsale ferroviaria anche per diminuire il traffico dei mezzi pesanti e su gomma. I recenti effetti negativi, decine di esuberi nella società aeroportuale, sono stati scongiurati i giorni scorsi, grazie ad un accordo sindacale preceduta da una lunga e impegnativa trattativa, che prevede l’utilizzo del personale in altre società interne, situazione altrimenti conclusasi con una vera beffa con oltre 60 licenziamenti.

 

Ci sono questioni importanti su cui confrontarsi, come la crisi del settore del commercio, l’impatto economico del porto turistico, un progetto di rilancio della Fiera per superare la stagionalità, la metropolitana leggera, la valorizzazione del lungomare Poetto. Il sindaco si è impegnato ad affrontare con il sindacato cagliaritano le problematiche nell’ottica dell’area vasta Cagliaritana. Ci aspettiamo un confronto più frequente, perché sino ad ora è stato insufficiente, se non totalmente assente.

Per uscire da questa situazione di difficoltà ci vuole un impegno straordinario da parte delle istituzioni e delle parti sociali. Cagliari e la  sua Provincia hanno grandi e importanti potenzialità per risalire la china.

 

 

Alcune questione aperte.

Va affrontato con urgenza il tema dei servizi per il lavoro (Cesil e Csl) che, nella nostra provincia come nelle altre, risentono dell’assenza di una riforma complessiva che risolverebbe anche la precarietà dei lavoratori. Si tratta di un lavoro prezioso e oggettivamente importante perché se non si attuano le politiche attive del lavoro e i progetti di reimpiego, c’è il rischio di perdere le risorse nazionali e comunitarie

 

Una attenzione particolare andrebbe rivolta anche ai lavoratori del progetto Lavor@bile, che pur avendo maturato conoscenze e competenze all’interno dei Csl, con progetti e selezioni specifiche delle categorie svantaggiate (legge 68) si trovano oggi in una condizione di completa incertezza.

A questi lavoratori, oltre che per le loro capacità e professionalità, sarebbe doveroso dedicare  un impegno particolare per una risposta di civiltà sociale.

 

Esistono poi una serie infinita di questioni attinenti ai lavoratori di diversi settori che vedono impegnato il sindacato confederale e di categoria con le controparti:  call center, settore idrico, appalti dell’aree industriali, edilizia, scuola, asl.

 

Il quadro regionale.

Purtroppo riscontriamo quotidianamente le difficoltà dei giovani, dei disoccupati, dei cassintegrati, dei pensionati e delle famiglie nella nostra Provincia, così come di tutta la Sardegna, dove si registrano numeri da emergenza: dal 2008, anno in cui sono stati attivati gli ammortizzatori in deroga, a oggi, sono aumentati del 630 per cento e sono stati in tanti, nel 2013, a non aver percepito nemmeno un centesimo per via degli insopportabili ritardi nei pagamenti.

 

In Sardegna sono circa 147 mila le persone senza lavoro.  E’questa la priorità, anche nella Provincia di Cagliari.

 

Non si può invocare la soluzione delle crisi industriali sarde senza affrontare i nodi mai sciolti delle infrastrutture, dei trasporti, della continuità territoriale non solo dei passeggeri ma anche delle merci, del costo dell’energia o dell’accesso al credito.

E’ sempre più evidente l’emergere delle disparità sociali con una progressiva, quasi inarrestabile e  allarmante crescita del numero delle persone – 350 mila –  costrette a vivere al di sotto della soglia di povertà. Una situazione inammissibile e che va affrontata con programmi e misure specifiche a favore dell’occupazione giovanile e con il rafforzamento del Fondo contro le povertà che occorre trasformare da semplice strumento assistenziale a promozione della reale autonomia delle persone e delle famiglie attraverso il lavoro e la formazione.

Il settore industriale è sottoposto a una progressiva erosione. Il tasso di sviluppo delle imprese (ossia il rapporto tra quelle nuove, quelle che hanno cessato l’attività e quelle operanti) continua ad avere il segno meno.

Secondo i dati più volte forniti dal sindacato,  in Sardegna si registrano tassi di occupazione nel settore industriale nettamente al di sotto di quelli nazionali. Anche la percentuale del Prodotto interno lordo, determinato in Sardegna dal settore industriale, è nettamente al di sotto di quella media nazionale.

E’ ben noto che, laddove non vi sia un’industria moderna ed efficiente, sarà difficile produrre ricchezza per l’intera società.

La crisi mondiale incide gravemente sul tessuto industriale sardo anche per alcune scelte di carattere transnazionale  o nazionale e tuttavia la situazione in Sardegna è ancora più grave per la mancata soluzione dei problemi infrastrutturali della nostra Isola, dal problema del costo dell’energia e per la mancanza di una strategia regionale adeguata a rispondere, per quanto di competenza, alle crisi.

Secondo i dati diffusi dagli osservatori economici, in Sardegna , vi è una perdita di oltre 50 mila  posti di lavoro, cui gran parte è rappresentata dal settore industriale con a capo il settore dell’edilizia.

L’ennesimo calo della produzione nelle costruzioni conferma quello che  recentemente  è stato sostenuto dal sindacato: la proroga dei bonus fiscali sulle ristrutturazioni e per il risparmio energetico, pur positiva, non può risollevare da sola le sorti dell’edilizia. Senza interventi strutturali, senza un’azione decisa da parte del governo, l’intero comparto delle costruzioni rischia letteralmente di scomparire, con conseguenze economiche e sociali devastanti.

 

Il quadro nazionale.

Sì  è appena concluso  un anno  particolare e  inconsueto, abbiamo assistito alla formazione di un nuovo governo caratterizzato dall’emergenza e dalla difficoltà di individuare una maggioranza omogenea con il conseguente cambio di impostazione legislativa.  Un governo  formato da  due schieramenti politici storicamente avversari, centro sinistra e centro destra,  e da tutte le contraddizioni e anomalie che tutti conosciamo e viviamo giornalmente.

Stiamo assistendo a un’insoddisfazione sempre crescente, nella quale chi governa dimostra di non saper  interpretare i reali bisogni dei cittadini.

Anche nel 2013, a livello territoriale, regionale e nazionale, si sono svolte tante iniziative unitarie per protestare contro le politiche del governo nazionale, con l’intenzione di correggere le storture del governo centrale.

Numerose poi sono state le iniziative delle categorie, a partire dai pensionati, che rivendicano con forza l’indicizzazione delle pensioni per il recupero del potere di acquisto.

In questi ultimi anni, nonostante le tante parole spese, non siamo ancora riusciti a trovare un modello di sviluppo che restituisca una prospettiva di un lavoro sicuro e di un reddito dignitoso.

La precarietà  ormai è diventata una piaga nazionale e vede i nostri giovani fare le valigie in cerca di un lavoro lontano da casa,  spesso oltreoceano. A questo si aggiungono le difficoltà dei pensionati, sempre più poveri e soli a causa di politiche sociali inadeguate.

Si prospetta una nuova riforma del lavoro, sicuramente degna di attenzione ma che rischia di risultare inefficace se non accompagnata da una seria  politica industriale, economica ed energetica che contribuisca a creare nuovi posti di lavoro,

Il governo Letta riscuote una certa credibilità sul piano internazionale ma non affronta i problemi del Paese e ignora le questioni poste dal sindacato (esodati, precarietà, contratti pubblici,  diritto allo studio, ammortizzatori).

Il 2014 è una vera incognita, le risorse sono limitate e il tentativo di ridurre le tutele è molto alto.

Questo Paese deve convincersi che l’occupazione non si crea solo con i decreti legge e con le riforme, ma c’è bisogno  di una nuova politica fiscali, investimenti sulle infrastrutture materiali e immateriali che attraggano nuove imprese e contrastino la delocalizzazione.

La fuga dei giovani senza lavoro dovrebbe essere considerata come una grave diseconomia  che impoverisce il nostro Paese e vanifica i sacrifici delle famiglie per far studiare figli costretti poi a emigrare.

Tutti gli indicatori della crisi sono in peggioramento e non si riesce a intravedere la fine della crisi. La debolezza dell’economia forse imporrà altre manovre finanziarie con conseguenti ulteriori sacrifici delle famiglie e dei lavoratori e pensionati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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